Dea minore

Alla fine del giro di valzer,
Il turbine della gonna larga
Non m’ha trovato distratto.
Non m’ha strappato alla strada.
Ma ho capito a tempesta finita
Di avere tanto da respirare,
Qualche idea da sperperare
E poco tempo nelle tasche.

La gonna più saggia di tutte
Svela l’errore geniale:
Evitare il primo inciampo
E pensare d’essere in salvo.
E poi vacillare a lungo,
A un passo dall’abisso,
Tanto da riuscire perfino
A sentirne il piacere profondo.
La vocazione più difficile,
Quella di chi pianta una vite,
Di chi invecchia il whisky,
Di chi spiega a un figlio,
Di chi sporca un foglio:
La scopro solo ora, che una gonna larga
È tutto ciò che riesco a ricordare
Di quella che è stata una dea minore.
Adesso che dietro alla gonna larga
Vorrei nascondere le mie paure.
La paura di una citazione non còlta,
Della trasparenza di un sorriso,
Dell’attenzione fraintesa,
Dell’attesa consumata in fretta.
Paura di ferire l’abbraccio che ripara,
Di non soffrire la mano che sfiora.
Paura di soccombere
Sotto una valanga di numeri,
Sotto l’immagine vigile 
Dello scolaro composto al banchino.
La notte come unica complice,
Per vivere o per scrivere.
Le note, per perdere il filo
D’uno spartito che mi va stretto.
Paura di fare un torto alle dee maggiori,
Di risvegliare le dee declassate,
Di piangere quelle seppellite
Dal tempo ostile, dalla noia
O dall’istinto di conservazione.
La stessa paura di un albero,
Coi rami che crescono in alto
Come per arrendersi al sole.
E la paura che oggi, a chi mi ascolta,
Importi solo di quella gonna larga:
Se l’ho persa in un un mare di lavanda,
O nell’assedio alle sue mura di gelsomino.
Se era dolce il profumo del tiglio,
Se gli ultimi papaveri in lontananza
Scomparivano in un mare verde
Mentre il treno si mangiava i binari.